Acque reflue, uno studio per monitorare la diffusione del coronavirus
La rivista Environmental Research and Public Health ha pubblicato lo studio “Wastewater-Based Epidemiology for SARS-CoV-2 in Northern Italy: A Spatiotemporal Model” condotto da esperti dell’Università di Bologna, Arpae, Asl di Bologna e il gestore del servizio idrico integrato Hera Spa. La ricerca è stata condotta a seguito della pandemia di COVID-19 che ha spinto la comunità scientifica a sviluppare nuove strategie per monitorare la diffusione del virus SARS-CoV-2 nella popolazione, con l’obiettivo di prevedere eventuali picchi di contagio per allertare preventivamente il sistema sanitario, in modo che questo possa rispondere tempestivamente. Uno degli approcci più innovativi si basa sull’epidemiologia legata alla rilevazione di marcatori nella rete fognaria (Wastewater-Based Epidemiology, WBE), che consente di quantificare la presenza del virus nelle acque reflue e stimare quindi il numero di infezioni attese nella popolazione afferente ad una determinata area geografica.
Lo studio succitato è stato condotto utilizzando i dati di concentrazione del virus SARS-CoV-2 nelle acque reflue in ingresso al depuratore di Bologna tra ottobre 2021 e maggio 2023 e ha adottato i metodi della WBE come strumento di sorveglianza epidemiologica. È stato infatti utilizzato un modello deterministico per stimare il numero di casi di COVID-19 nel tempo e nelle diverse zone della città a partire dal carico virale misurato nelle acque reflue. I risultati ottenuti sono stati confrontati con i dati sanitari ufficiali, considerando la mutazione del virus, l’impatto della campagna vaccinale e la variabilità nei test diagnostici.
L’innovazione più importante dello studio è stata la modifica di un modello matematico esistente attraverso l’introduzione di nuovi parametri specifici per tenere in considerazione le caratteristiche della popolazione e simulare la biodegradazione del virus all’interno della rete fognaria.
In questo modo è stato possibile ottenere un’elevata correlazione tra la curva dei casi previsti dal modello e quella dei casi registrati dalle autorità sanitarie nel corso delle tre ondate pandemiche esaminate, dimostrando la capacità del modello di prevedere con buona accuratezza le fluttuazioni del numero di contagi da SARS-CoV-2 nel tempo e nello spazio.
Il modello ha la capacità di identificare precocemente la presenza del virus nella popolazione, fornendo informazioni sull’andamento della pandemia 9 giorni prima di quanto osservato dalla curva dei casi attivi nella popolazione prodotta dal sistema sanitario. Inoltre, a differenza dei test clinici, che dipendono dalla volontà delle persone di sottoporsi a controlli, utilizzando un modello come quello testato nello studio si otterrebbe una panoramica più completa, comprendendo anche individui asintomatici o con sintomi lievi che potrebbero non essere identificati attraverso i test tradizionali.
Dall’analisi è emerso che le caratteristiche specifiche della popolazione (età, sesso, dimensione del nucleo famigliare, comorbidità) non impattano in modo significativo sui tassi di infezione osservati.
Al contrario, la biodegradazione del virus all’interno della rete fognaria gioca un ruolo cruciale nella stima dei casi, determinando all’ingresso dell’impianto di trattamento delle acque reflue una riduzione media del 30% del carico virale totale prodotto nell’area di studio. Questo risultato ha implicazioni importanti per l’interpretazione dei dati raccolti attraverso la WBE, poiché evidenzia la necessità di considerare sempre la biodegradazione del virus nella rete fognaria per ottenere stime accurate sulla diffusione del contagio. La percentuale di riduzione del carico virale causata dalla biodegradazione del virus dipende da fattori quali la lunghezza, la tipologia e le condizioni ambientali della rete fognaria, rendendo fondamentale l’adozione di metodi di normalizzazione per confrontare i dati tra diversi impianti di trattamento. Particolarmente interessante è la possibilità di applicare il modello testato a città con caratteristiche demografiche e strutture fognarie differenti, permettendo di normalizzare i dati raccolti in base alla biodegradazione del virus lungo la rete fognaria. Ciò migliorerebbe la comparabilità dei dati tra i diversi impianti di trattamento delle acque reflue, favorendo l’adozione di strategie di sorveglianza e intervento più efficaci a livello locale e globale.
In conclusione, questa ricerca dimostra che la WBE rappresenta un metodo valido e affidabile per monitorare la diffusione di SARS-CoV-2 e individuare tempestivamente l’insorgenza di nuovi focolai, fornendo alle autorità sanitarie un sistema di allerta precoce che costituisce un vantaggio strategico nella gestione delle emergenze.
L’utilità di questo approccio, applicabile non solo al SARS-CoV-2, è sottolineato dalla introduzione, nella Direttiva EU 2024/3019 sul trattamento delle acque reflue urbane, di recente approvazione, del monitoraggio, nelle acque all’ingresso degli impianti di trattamento, di parametri rilevanti per la salute pubblica per attuare un sistema di sorveglianza a scopo preventivo o di allerta precoce.
Grazie all’uso di modelli avanzati, che tengono conto di variabili ambientali e biologiche, è possibile ottenere stime precise sul numero di casi molto rapidamente, contribuendo alla prevenzione e a una gestione più efficace delle emergenze sanitarie. L’integrazione di questi dati con altre fonti di informazione potrebbe quindi migliorare ulteriormente la capacità di risposta delle autorità sanitarie, rendendo la sorveglianza epidemiologica sempre più accurata e tempestiva.
Link alla pubblicazione completa: https://www.mdpi.com/1660-4601/21/6/741