Rapporto Rifiuti urbani edizione 2019. Presentato da Ispra.

Quanti sono, come li raccogliamo e li trattiamo, in quali impianti finiscono e quanto costa la gestione dei rifiuti urbani agli italiani
(12/1/2020)

E' stato presentato da Ispra alla Camera dei Deputati il Rapporto Rifiuti Urbani edizione 2019.

Sette regioni su venti arrivano al 65% di differenziata fissato dalla normativa, salto in avanti per Sicilia e Molise. Impianti non al passo con le esigenze della differenziata, pochi e mal distribuiti. Organico il più raccolto, ma alcune regioni senza impianti per trattarlo. Esportate all’estero 500 mila tonnellate di rifiuti.

Nel 2018 la produzione nazionale dei rifiuti urbani è di quasi 30,2 milioni di tonnellate, +2% rispetto al 2017. La crescita pro capite è di +2,2%, poco meno di 500 kg per abitante.

I valori di produzione pro capite più alti sono al Centro, con 548 kg (+10 kg per abitante rispetto al 2017). Il nord si attesta a circa 517 kg (+14 kg per abitante rispetto al 2017), mentre il sud a 449 kg(+7 kg per abitante rispetto al 2017).

Ad eccezione di Marche, Molise e Sicilia, in tutte le regioni italiane, tra il 2017 e il 2018, la produzione dei rifiuti urbani è cresciuta. I maggiori incrementi sono in Piemonte (+5,1%), Trentino Alto Adige (+4,5%) e Sardegna (+3,7%).

Come nei precedenti anni, la produzione pro capite più elevata, 660 kg per abitante per anno, si rileva in Emilia Romagna (+ 2,8% rispetto al 2017). Segue la Toscana, con 612 kg per abitante (+1,8% rispetto al 2017). In tali contesti il valore computa nei rifiuti urbani anche quelli da attività artigianali, commerciali e di servizio.

In Emilia-Romagna le province che producono più rifiuti sono: Reggio Emilia (761 kg), Rimini (754), Ravenna (735) e Forlì-Cesena (726). Nel 2018 l’andamento dei rifiuti è andato di pari passo con gli indicatori socio-economici: in crescita i valori del PIL, della spesa per consumi finali delle famiglie residenti e non residenti, e della produzione di rifiuti.

Raccolta differenziata

Confermato il trend di crescita con +2,6% a livello nazionale rispetto al 2017 raggiungendo così il 58,1%. Nell’ultimo decennio la percentuale è passata dal 35,3% al 58,1%, ossia da circa 9,9 a 17,5 milioni di tonnellate.

Al Sud aumento rilevante della percentuale di raccolta di 4,2 punti, in particolare in Sicilia (+7,8 punti) e in Molise (+7,7 punti), seguite dalla Calabria (+5,6) e dalla Puglia (+5), regioni ultime a livello nazionale.

7 regioni superano il 65% di differenziata: Veneto (73,8%), Trentino Alto Adige (72,5%), Lombardia (70,7%), Marche (68,6%), Emilia-Romagna (67,3%), Sardegna (67%) e Friuli Venezia Giulia (66,6%). Marche, Sardegna e Emilia Romagna registrano nell’ordine i maggiori incrementi di raccolta.

A livello provinciale, Treviso è all’87,3%, Mantova all’87,2%, Belluno all’83,4% e Pordenone all’81,6%.

Al sud crescono Siracusa (dal 15,3% del 2017 al 26,2% del 2018), Messina (dal 20,8% del 2017 al 28,7%) e Crotone (27,3%, a fronte del 22,9% del 2017).

Cosa si differenzia

L’organico è la frazione più raccolta in Italia (40,4% del totale) e nel 2018 registra un +6,9% rispetto al 2017. Proviene soprattutto da cucine e mense (67,6%) e da manutenzione di giardini e parchi (28,2%).

Seguono la raccolta di carta e cartone (19,5% del totale), +4,3% rispetto al 2017 e il vetro con oltre 2,1 milioni di tonnellate.

La raccolta plastica registra una crescita del 7,4%, con quasi 1,4 milioni di tonnellate complessive. 747 mila tonnellate sono raccolte al nord, pari a circa 27 kg per abitante, circa 247 mila in al centro (21 kg per abitante) e 374 mila al sud (18 kg). Il 94% è costituito da imballaggi. Su questi si concentra la raccolta differenziata comunale, visto il corrispettivo economico previsto dall’accordo Anci –Conai. Secondo uno studio di Ispra circa il 15% dei rifiuti indifferenziati è costituito da rifiuti plastici, in gran parte non di imballaggio, non adeguatamente recuperati.

Nel 2018 l’Italia ricicla il 50,8% dei rifiuti urbani di organico, carta e cartone, vetro, metallo, plastica e legno. Il target del nuovo pacchetto sull’economia circolare prevede il 55% nel 2025, il 60% nel 2030, il 65% nel 2035.

Gestione e Impianti: quale strada prendono i rifiuti urbani raccolti

Il recupero di materia rappresenta la maggior porzione di gestione dei rifiuti (28%), segue il conferimento in discarica (22%, quasi 6,5 milioni di tonnellate), il trattamento biologico della frazione organica e l’incenerimento.

Sono 646 gli impianti di gestione dei rifiuti urbani attivi nel 2018: 353 al nord, 119 al centro e 174 al sud. Oltre la metà è dedicata al trattamento dell’organico (339 impianti). L’aumento della raccolta differenziata ha determinato una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, specie per la frazione organica, e non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti.

I rifiuti urbani smaltiti in discarica, nel 2018, sono quasi 6,5 milioni di tonnellate, -6,4% rispetto al 2017. Incremento solo al centro (+4,3%), mentre sono scesi di oltre il 10% il Nord e del 9% il Sud. Nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si è ridotto del 60%, da 15,5 milioni di tonnellate a circa 6,5.

Il 18% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito, pari a 5,6 milioni di tonnellate, +5,8% rispetto al 2017. Su 38 impianti operativi, il 68% è al nord, in particolare in Lombardia e in Emilia-Romagna.

I maggiori quantitativi di flussi di rifiuti organici avviati fuori regione derivano da Campania (circa 487 mila tonnellate) e Lazio (oltre 270 mila tonnellate), regioni con dotazione impiantistica non adeguata.

E’ il Veneto a ricevere la quota più considerevole dell’organico (49,7% del totale) dalla Campania. In Friuli Venezia Giulia (pari al 48,7%) e Veneto (23,4%) sono conferiti i quantitativi maggiori provenienti dal Lazio.

Import/Export dei rifiuti 

L’esportazione dei rifiuti interessa l’1,5% dei rifiuti urbani prodotti, è aumentata del 31% rispetto al 2017, mentre calano dell’8% le importazioni.

Abbiamo portato fuori dai confini nazionali soprattutto combustibile solido secondario (45%) e rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (18%). Austria e Portogallo i paesi cui vengono destinate le maggiori quantità di rifiuti urbani. A inviarle sono soprattutto due regioni: il Friuli Venezia Giulia e la Campania, rispettivamente 27% e 22% del totale esportato.

Abbiamo, invece, importato plastica (29%), vetro (25%) e abbigliamento (22%). Specie dalla Svizzera, con il 33% del totale importato: sono soprattutto di rifiuti di imballaggio in vetro, destinati a impianti di recupero e lavorazione situati perlopiù in Lombardia.

L’abbigliamento, invece, è destinato in massima parte alla Campania, presso aziende che ne effettuano il recupero.

Imballaggi e rifiuti di imballaggio 

Tra i flussi prioritari monitorati dall’Unione Europea rientrano i rifiuti di imballaggio, per i quali il “pacchetto economia circolare” ha definito obiettivi di riciclaggio più ambizioni al 2025 e al 2030, rispetto a quelli vigenti.

Aumenta del 3% rispetto al 2017 il recupero complessivo dei rifiuti di imballaggio (80,6%) dell’immesso al consumo e la plastica resta il materiale che mostra l’aumento più elevato, seguita dal vetro, dal legno e dalla carta. Tutte le frazioni di imballaggi hanno già raggiunto gli obiettivi di riciclaggio previsti per il 2025. Unica eccezione la plastica che, costituita da diverse tipologie di polimeri, richiede l’implementazione di nuove tecnologie di trattamento tra cui anche il riciclo chimico.

Costi di gestione 

Cresce il costo della differenziata: +3,46 euro l’anno per abitante e al Centro si paga di più (208,05). Nel 2018, il costo medio nazionale annuo pro capite è pari a 174,65 euro/ab per anno (nel 2017 era 171,19). La cifra è la somma di varie componenti: 56,17 euro/abitante anno per la raccolta indifferenziata, 53,60 per la differenziata, 21,41 per spazzamento e lavaggio delle strade, 35,57 per i costi comuni e, infine, 7,89 euro/abitante anno per i costi di remunerazione del capitale.

Al centro i costi più elevati (208,05 euro/ab*anno), segue il sud con 186,26 euro/ab*anno. Al nord il costo è pari a 154,47 euro/ab*anno.

Confermato anche per il 2018 quanto Ispra va osservando da alcuni anni sul “Pay-As-YouThrow”, il sistema di tariffazione puntuale applicato dai diversi comuni italiani. Grazie a uno studio condotto su un campione di 593 comuni, con una popolazione di 4 milioni di abitanti, si osserva che il costo totale medio pro-capite a carico del cittadino è inferiore rispetto ai comuni a Tari normalizzata. Il dato medio nazionale del Pay-As-You-Throw si attesta a 157,79 euro/abitante per anno. Trento, unica città capoluogo di regione del campione ad adottare il sistema di tariffazione puntuale fa registrare, per l’anno 2018, uno dei costi pro capite più bassi, attestandosi a 153,67 €/abitante per anno, con un livello di raccolta differenziata pari al 81,5%.

Scarica il rapporto (pdf - 9 Mb)

Pubblicazione disponibile solo in formato elettronico

Fonte Isprambiente

ultima modifica 2022-07-20T20:33:47+02:00