Verso la neutralità climatica: quale ruolo per le regioni europee?

Resoconto del webinar del 16 aprile 2021 organizzato dal Coordinamento informale degli Uffici Regionali a Bruxelles (Urc)
(13/5/2021)

Il Coordinamento informale degli Uffici Regionali a Bruxelles (URC) ha organizzato il 16 aprile 2021 un webinar sul tema della neutralità climatica (“Towards climate neutrality. What role for European Regions?”). L’obiettivo è stato di approfondire, insieme a Raffaele Mauro Petriccione, Direttore Generale della DG Clima della Commissione Europea (CE), i principali aspetti di interesse per le Regioni nel processo verso la neutralità climatica. Al webinar, in rappresentanza di Snpa ha partecipato Giuseppe Bortone, direttore generale di Arpae Emilia-Romagna.

Di seguito riportiamo i principali contenuti dell’intervento di Petriccione.

Origine dell’ambizione europea di riduzione delle emissioni del 55%

L’obiettivo di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 risale al 2018, quando è stato pubblicato il rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) sulle conseguenze di non limitare il cambiamento climatico ad 1,5 °C al momento in cui la CE stava finalizzando il testo della Comunicazione che ha proposto l’obiettivo di neutralità climatica al 2050. Il rapporto Ipcc è stato l’origine di un cambiamento di pensiero radicale in tutto il mondo:

  • ha definito un obiettivo pluridecennale, concreto, cifrato, misurabile
  • ha introdotto un nuovo spirito: passare da “fare il meglio” a “fare quello che è necessario a prescindere dai costi”.

Il percorso ideale, concettuale e politico dell’UE verso l’accordo in seno al Consiglio europeo sull’obiettivo del 55% è durato un anno, con intense discussioni al livello nazionale, locale, con la società civile, con gli esperti.  L’obiettivo del 55% si articola su 4 vettori: 

  1. 100% energia pulita: zero carbonio nell’energia
  2. quasi zero carbonio nella produzione industriale
  3. mobilità pulita tutta da definire
  4. cambiamento radicale nel modo in cui noi utilizziamo la terra: non solo forestazione, adattamento al cambiamento climatico, ma anche il ritorno a un’agricoltura meno intensiva.

Fino a qualche mese fa si riteneva che una riduzione delle emissioni del 40% al 2030 fosse compatibile con l’obiettivo di neutralità climatica di lungo termine, ma si è rivelato necessario accelerare la traiettoria già per i primi 10 anni. Questa l’origine del nuovo obiettivo del 55%, che è il punto matematico su una traiettoria lineare tra dove ci trovavamo nel 2018 e l’obiettivo zero nel 2050. La Commissione Europea ha costruito un progetto legislativo, la Legge sul clima (sulla quale i co-legislatori hanno trovato un accordo preliminare il 21 aprile) che renderà giuridicamente vincolanti questi obiettivi cifrati a medio e lungo termine.

Ambito internazionale

L’Ue conta attualmente il 7-8% delle emissioni al livello mondiale, dovrebbe arrivare al 4-5% al 2030. A livello internazionale, l’obiettivo europeo è funzionale soprattutto a creare un modello a zero emissioni nette basato su un’economia moderna e competitiva che porti a una società prospera, capace di assicurare creazione e mantenimento di posti di lavoro.

Negli ultimi 6 mesi abbiamo visto un’importante fioritura di impegni internazionali: la Cina si è impegnata alla neutralità al 2060, Giappone, Canada, Corea del Sud e Sudafrica al 2050, altri Paesi in transizione – come ad esempio la Colombia – al 2050. Gli USA seguono la stessa strada e così forse altri, come l’India. Tutto ciò segna l’inizio di quella che il Segretario Generale dell’Onu ha chiamato la “Coalizione net zero”.

Adesso l’accento si è spostato sul 2030, seguendo l’esempio europeo: c’è una forte pressione sulle economie più importanti per dotarsi di obiettivi al 2030 che siano dimostrabili e compatibili con l’obiettivo di metà secolo. Da qui alla Conferenza di Glasgow di inizio novembre vedremo gli impegni delle grandi economie del G7 e G20.

Ruolo delle regioni

Nel contesto attuale, risulta importante abbandonare una divisione stretta del lavoro tra diversi livelli di governo: non possiamo più articolare la normativa su clima e energia in regolamentazione europea, nazionale, locale; vi è infatti una sovrapposizione e un’interazione continua. Alcuni esempi:

  • Trasporto su strada: tutte le politiche europee, nazionali e locali relative a investimenti, ricerca e innovazione, infrastrutture, qualificazione professionale sono complementari. Le regolamentazioni insistono su aspetti del medesimo problema: esiste una regolamentazione europea per le emissioni dei veicoli, con possibile inserimento del settore nel sistema di scambio di emissioni (Ets); le misure nazionali sostengono l’industria per l’equipaggiamento di veicoli puliti, le misure locali individuano piani di mobilità, zone a traffico limitato ecc.
  • Edilizia: in fase di studio la possibilità di inglobare combustibili, riscaldamento e raffreddamento degli edifici, nel carbon pricing del sistema Ets. Questo significherebbe far aumentare il loro prezzo, con impatto immediato sul costo dei combustibili per i cittadini, per i quali vanno predisposte politiche di sostegno adeguate. L’obiettivo dell’Ets è spingere imprese e individui a investire per evitare di pagare quel prezzo. Mettere insieme livelli diversi di regolamentazione e coinvolgere amministrazioni locali e nazionali diventa quindi essenziale per arrivare all’obiettivo pratico.

Nell’applicazione concreta di queste norme vi sono logiche che si propongono di:

  • collegare la decarbonizzazione con lo sviluppo regionale: la mappa delle regioni ad alto contenuto di carbonio non è esattamente identica a quella delle regioni più svantaggiate, ma le somiglia molto
  • favorire progetti di decarbonizzazione transfrontalieri
  • accompagnare questo movimento regolamentare legislativo con un approccio bottom-up. Lo strumento principale che la Ce ha creato è il Patto per il Clima, una piattaforma interattiva che coinvolge chiunque in Europa (rappresentanti della società civile, imprese, cittadine, scuole, associazioni), e in futuro fuori dall’Ue, per proporre azioni concrete per limitare il cambiamento climatico, confrontarsi con altri. L’obiettivo è valorizzare iniziative già in corso sui territori, che hanno successo e possono essere replicate o fondersi in iniziative più importanti, più articolate e incisive. La Ce non intende rivoluzionare il tessuto istituzionale e costituzionale degli Stati membri, ma intende creare una relazione di politiche insieme a tutti i livelli di governo, attraverso il Patto per il Clima che è basato sulle idee.

La domanda dei consumi

La questione non è ridurre la domanda di consumi, ad esempio di auto private, ma reindirizzare la domanda verso alternative che siano valide, ovvero mezzi alternativi di trasporto. È necessaria una politica articolata dove si incoraggiano le auto elettriche, si aumenta il trasporto pubblico nelle città, si ripensano il pendolarismo, i modi di lavorare, la struttura delle nostre società, la distribuzione delle attività economiche. La responsabilità dei consumi è collettiva e appartiene ai cittadini, alle istituzioni, al sistema economico, è una responsabilità di sistema e così il cambiamento deve essere di sistema.

Le disuguaglianze

Il risultato delle transizioni deve essere efficiente e inclusivo e attento a non creare nuove disuguaglianze. Con il dispositivo per la ripresa e la resilienza la Ce è riuscita a promuovere una logica che tenga conto anche delle priorità sociali: la centralizzazione della spesa è basata su piani, scadenze, tappe misurabili e dimostrabili di progetti che saranno esaminati e approvati in base ai risultati che devono apportare.

Le competenze

La Ce potrebbe, ad esempio, creare un sistema di sovvenzioni per la pianificazione locale per città e territori che non sono ben equipaggiati, facendo uso di professionisti. La Ce intende anche rafforzare i contatti con le associazioni regionali (esempio: la rete Under2Coalition creata in occasione dell’Accordo di Parigi, oggi in prima linea per sostenere le regioni Net Zero). La Ce ha necessità di ricevere un segnale dal livello locale per capire i bisogni, quali le competenze che mancano e dove vanno trovate, poi si guarda a quali strumenti utilizzare.

Fonte: Regione Emilia-Romagna, delegazione presso l’Ue

ultima modifica 2022-07-20T19:33:33+01:00