Il cielo notturno non è mai completamente buio, anche nei siti
astronomici più isolati esiste un chiarore di fondo, generato da
vari fattori naturali; oggi la grande maggioranza delle popolazioni
dei paesi sviluppati vive sotto un cielo che arriva ad essere anche
centinaia di volte più luminoso di questo fondo naturale. La parte
artificiale della luminosità del cielo notturno è causata dalla
diffusione in atmosfera della luce prodotta dall´uomo. Le luci
nelle grandi città o quelle di una moltitudine di piccole città
possono aumentare la luminosità del cielo in un osservatorio
distante anche centinaia di chilometri.
La luminosità artificiale del cielo notturno è cresciuta nel corso
dell´ultimo secolo (attualmente l´incremento annuo è del 7%) fino a
diventare un problema globale oltre che un problema di primaria
importanza per la scienza astronomica e la cultura, sia scientifica
che umanistica, tanto che la Terza Conferenza delle nazioni Unite
sull´esplorazione e sugli usi pacifici dello spazio (UNISPACE III,
Vienna 12-16 luglio 1999) invita gli Stati membri a "provvedere a
ridurre l´inquinamento del cielo da luce e da altre cause, per
realizzare un risparmio energetico e a beneficio dell´ambiente
naturale". Anche l´UNESCO, nella sua Dichiarazione Universale dei
Diritti delle Generazioni Future (1997), ha sancito esplicitamente
che "Le persone delle generazioni future hanno il diritto a una
Terra indenne e non contaminata, includendo il diritto a un cielo
puro".
Con il termine "inquinamento luminoso" si intende ogni forma di
irradiazione di luce artificiale rivolta direttamente o
indirettamente verso la volta celeste; la comunità scientifica lo
riconosce come indicatore dell´alterazione della condizione
naturale del cielo notturno, con conseguenze non trascurabili per
gli ecosistemi sia vegetali che animali.
L´Unione Astronomica Internazionale (UAI) definisce
quantitativamente il grado di inquinamento luminoso nell´ambiente
notturno al fine della valutazione degli effetti sugli ecosistemi e
del degrado della visibilità stellare affermando che "l´incremento
della luminosità del cielo notturno a 45º di elevazione dovuta alla
diffusione della luce artificiale nel cielo pulito, dovrebbe non
eccedere il 10% del livello naturale più basso in ogni parte dello
spettro tra le lunghezze d´onda di 3000 e 10000 Å. Al di sopra di
questo valore il cielo deve essere considerato inquinato".
All´origine del fenomeno vi è il flusso luminoso disperso verso
il cielo proveniente dalle diverse attività di origine antropica a
causa sia di apparati inefficienti sia di carenza di progettazione.
Tra le principali sorgenti artificiali ricordiamo: impianti di
illuminazione pubblica, stradali e privati, impianti di
illuminazione di monumenti, opere, stadi, complessi commerciali,
insegne e vetrine.
Nonostante sia spesso ritenuta meno rilevante rispetto ad altre
forme di inquinamento, l´aumento di luminosità del cielo notturno
provoca effetti negativi sulla qualità dell´ambiente e
conseguentemente sulla vita dell´uomo. Studi recenti hanno chiarito
che le alterazioni indotte da un eccesso di luminosità
dell´ambiente nelle ore notturne causano molteplici effetti
negativi ed investono differenti ambiti:
culturale: la perdita irrecuperabile per le attuali generazioni del patrimonio comune dell´umanità costituito dal cielo stellato;
In Europa l´Istituto di Scienza e Tecnologia dell´Inquinamento Luminoso (ISTIL) fornisce una mappatura della luminosità artificiale del cielo notturno per ampi territori (Italia, Europa, intero globo) con una risoluzione di circa 1 km2, nelle bande fotometriche di interesse astronomico, grazie ad un modello di stima della brillanza del cielo notturno basato su rilevazioni da satellite e calibrato con misure da terra, nonché una mappa della visibilità della Via Lattea sul territorio nazionale sempre con una risoluzione di circa 1 km2.
Questi dati sono stati utilizzati dall´Apat per elaborare due indicatori allo scopo di quantificare il grado il grado di inquinamento luminoso dell´ambiente notturno per la valutazione degli effetti sugli ecosistemi ed il degrado della visibilità stellare, secondo la definizione dell´Unione Astronomica Internazionale e per valutare in termini qualitativi e quantitativi il grado di visibilità della Via Lattea in relazione alla percentuale di popolazione italiana a livello regionale.
Il primo indicatore rappresenta il rapporto tra la luminosità
artificiale del cielo e quella naturale media, come rapporto dei
rispettivi valori di brillanza, espressa come flusso luminoso (es.
in candele) per unità di angolo solido di cielo per unità di area
di rivelatore; il secondo fornisce un limite minimo della
popolazione che non può vedere la Via Lattea in notti normalmente
serene.
Attualmente non esiste ancora una normativa nazionale, solo alcune
regioni (tra ci Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna,
Toscana, Lazio, Basilicata e Valle d´Aosta) e diversi comuni si
sono dotati di normativa propria.
Le principali grandezze fotometriche utilizzate per valutare in
termini quantitativi le caratteristiche fisiche dell´illuminazione
prodotta in un ambiente e per la descrizione dell´inquinamento
luminoso sono:
Vai alla Normativa sull´inquinamento luminoso
Per ulteriori approfondimenti consultare il sito
http://www.cielidolomitici.it/nuova_pagina_3.htm